L'avviso è stato tratto da "S. Antonio" N. 1 - GENNAIO - MARZO 2013
BOLLETTINO DEL SANTUARIO DI SANT'ANTONIO DA PADOVA - VIA FARINI, 10 - TELEFONO 02.65.51.145
Dallo stesso bollettino:
IL MISTERO DELLA CROCE
Solo uno sconfinato dolore.
La vicenda terrena di Gesù si chiude al tramonto della Parasceve, il giorno della preparazione.
Come un atto interrotto, come una storia incompiuta: si arresta prima che si inizi la grande preparazione della Pasqua. E appare in tutta la sua assurdità il dolore dell'umanità.
Gesù, figlio di Maria, muore giovane, senza soldi, senza lasciare eredi, senza amici.
Solo uno sconfinato dolore. Nulla sembra avere senso in questa morte di un innocente.
Non è forse la stessa vertigineche ci coglie di fronte alle nostre sventure?
Il corpo senza vita di Gesù, affidato alla devozione di due discepoli che fino allora si erano tenuti nascosti, come il corpo di tanti nostri fratelli e sorelle, crocifissi dalla sofferenza, resi muti dal dolore, ritorti su se stessi dalla depressione, piegati dall'angoscia per il domani. Corpi così affaticati da sembrare morti, perchè appesantiti dai colpi della vita.
Tutti noi conosciamo lo strazio di questi corpi, ne sperimentiamo la presenza, a volta nelle nostre stesse famiglie e comunità. E allora un primo modo per reagire al dolore è quello di prendersene cura, come Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo. Quei corpi ci sono affidati, perchè l'umana devozione verso il nostro simile ci impone di rispettarli, di accoglierli e, nella misura del possibile, di portare loro sollievo.
Ma non basta. Prima di morire, Gesù affida sua madre al discepolo amato e chiede al discepolo amato di accoglierla con sè. Sotto la croce nascono nuove relazioni, non contrassegnate dall'appartenenza a vincoli di sangue o a gruppi di potere.
Nuove relazioni nella fede. Se accettiamo di stare anche noi sotto la croce, e non di fuggire da essa, o di irriderla, o di svuotarla di valore, allora siamo come il discepolo amato, e Maria diventa nostra madre. La comunità dei discepoli di Gesù, quelli che prendono sul serio la croce, è una comunione di fratelli.
Oltre all'umana compassione che dovrebbe abitare il mio cuore di fronte al dolore altrui, come cristiano mi scopro fratello di chi soffre, e quindi a lui intimamente legato, solidale con lui. Non posso, e per un motivo ben più serio del solo buon cuore, far finta di niente.
Così l'umano dolore inizia a perdere la sua tragica fatalità e inizia a diventare catalizzatore di relazioni: mi avvicino all'altro per accoglierlo, per prendermene cura, per sostenerlo nella prova. Non serve che gli risolva il problema. Serve che non lo lasci solo.
Ma c'è ancora un passo ulteriore che posso fare. Gesù davanti a Pilato afferma : "Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".
Apparentemente la morte lo trascina nel baratro nel non-senso dell'assurdo.
Invece, colui che muore sulla croce dice: "è compiuto". Tutto è stato portato al compimento di senso, tutto ha colmato il suo significato ed è per il fatto che egli ha parole di verità. Anzi, è lui stesso "la verità". La sua vita terrena, non meno delle sue parole, dei suoi insegnamenti, delle sue parabole, la sua stessa vita è verità. "Ecco l'uomo".
Gesù, l'uomo per eccellenza, con la sua vita porta a compimento il senso della nostra vita di uomini e la mette completamente nella luce della verità.
Questa parola è dura, perchè noi viviamo di menzogne, di finzioni, di compromessi, di zone d'ombra. In particolare abbiamo fatto un patto con il diavolo per esorcizzare la morte, la sofferenza e lo scorrere inesorabile del tempo che passa.
Geù, il crocifisso, nella sua nudità ci rivela la nostra vulnerabilità; con la sua sofferenza ci rivela il nostro comune destino di creature segnate dalla debolezza fisica; con la sua morte ci rivela la nostra morte. Fa verità nella nostra vita. E ridona senso, senso pieno, compiuto, a una vita altrimenti fittizia, che ansima dietro agli idoli della giovinezza forzata, del benesserel a tutti i costi e dell'eterno presente.
Allora lo sconfinato dolore acquista un significato.
E' quello della nostra condizione umana restituita a se stessa, nella verità, nelle relazioni d'affetto, nella solidarietà.
Nel crepuscolo del Golgota la luce di Dio si raggruma dietro all'orizzonte di senso della nostra esistenza.
Eppure quella sera, considerata la preparazione della Pasqua, segna già il passaggio alla vita piena, nella luce della verità e dell'amore.
Attende solo, oltre il grande silenzio del sabato, di rivelarsi in tutto il suo splendore nell'aurora del dopodomani. Non oggi. Non domani.
Il dopodomani di ogni giorno, quando tutto sarà chiaro ai nostri occhi e al nostro cuore.
fr. Ernesto