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sabato 26 dicembre 2015

Santuario di sant'Antonio di Padova - Chiesa penitenziale del Giubileo della Misericordia della Diocesi di Milano



     Sul finire del 1800, i Frati Minori lombardi, dopo aver subito, come tutti gli altri ordini religiosi, due successive soppressioni, desideravano ristabilire in Milano una loro presenza. Ci riuscirono con uno stratagemma quando - il 1° dicembre 1870 - padre Giancrisostomo Taramelli da Bergamo, Commissario di Terra Santa a Roma, otteneva dalla Santa Sede e dal Governo dell'Ordine l'autorizzazione ad erigere, appena fuori dalle mura cittadine, una casa che fungesse da "ospizio" per i francescani della Custodia di Terra Santa, Ente riconosciuto anche dal neo-costituito Regno d'Italia.
     Nel 1871 si acquistò un terreno "fuori Porta Tenaglia" (poi Porta Volta), tra le vie Farini e Maroncelli e su questo venne edificato il piccolo ospizio che qualche anno dopo già veniva riconosciuto come convento "regolare" e anche casa di noviziato alle dipendenze dei francescani della Provincia Veneta.
     Nel frattempo, il 17 luglio 1873 era stato aperto un piccolo oratorio e il 2 maggio 1875 si poneva la prima pietra di una chiesetta dedicata a Maria Immacolata (la prima chiesa sorta in Milano sotto questo titolo), aperta sulla Via Quadrio (allora Via Mazzini) e che venne consacrata il 1° giugno dell'anno successivo.
     Una grossa novità sopraggiunse il 28 ottobre del 1898 su nuove basi, la "Provincia dei Frati Minori di Lombardia", posta sotto la protezione di San Carlo Borromeo: il conventino fuori "Porta Tenaglia" fu scelto come sede della Curia della neonata Provincia. Nel 1902 si ampliò la parte prospiciente via Maroncelli e si aggiunsero due piccole ali su Via Quadrio e Via Farini, mentre l'8 dicembre del medesimo anno si poneva la prima pietra della nuova chiesa che sarebbe stata dedicata a sant'Antonio di Padova. Il progetto fu affidato all'arch. Luigi Cesa Bianchi. Dopo soli quattro anni, il 12 giugno 1906, il beato cardinale Andrea Ferrari, arcivescovo di Milano, ne compiva la solenne consacrazione.
     Altri interventi - e non piccoli - si succedettero nel tempo:

  •  nel 1926 si alzò di un piano l'ala del convento su via Maroncelli
  • tra il 1932 e il 1937 il santuario fu ampliato (aggiungendo all'unica navata due "spazi laterali" sui quali furono appoggiate tre cappelle per lato) e fu edificato il campanile.
  • nel 1964 fu demolita una parte, ormai fatiscente, del vecchio conventino e fu edificato, su progetto dell'arch. Luigi Caccia Dominioni, il nuovo fabbricato prospiciente via Farini. Infine, tra il 1987 e il 1994, si procedette a un generale intervento di ripristino conservativo e di ristrutturazione della parte superstite dell'antico convento che potè così tornare ad ospitare - come era stato agli inizi della sua storia - gli uffici della Curia provinciale e dare nuovo incremento alle attività che da sempre lo caratterizzavano: l'animazione missionaria e le opere di carità sorte nel nome del santo di Padova (attenzione ai fratelli poveri con centro d'ascolto, guardaroba e mensa).  



 La piazza e la fontana. Il santuario è collocato al bivio di due importanti arterie cittadine: via Farini e via Maroncelli. Nel piccolo slargo che si apre davanti ad esso fu collocata nel 1932 una fontana. Opera dello scultore Giuseppe Maretto (1908-1984), essa raffigura sant'Antonio nell'atto di predicare ai pesci.

     Il campanile. sul fianco sinistro del santuario si innalza, nell'imponenza dei suoi 55 metri di altezza, il campanile edificato negli anni 1929-30 su disegno dell'arch. Ugo Zanchetta (che lo voleva come il "più bel campanile di Milano") e su cui fu collocata, il 16 ottobre del 1930, la statua raffigurante sant'Antonio nell'atto di sorreggere il Bambino Gesù. Opera dello scultore Angelo Galli, questa - realizzata in rame sbalzato e dorato - misura 5 metri di altezza (il solo Bambino raggiunge il metro e ottanta!). Il concerto di cinque campane, collocatovi a poca distanza di tempo, è opera della ditta milanese "Fratelli"Barigozzi".





     La facciata. In stile tardo-rinascimentale, si presenta con un impianto a due ordini ed è particolarmente ricercata. Nella parte inferiore si aprono le tre porte di accesso al santuario: quella centrale è sormontata da un bassorilievo collocato quando, nel 1937, il santuario fu "eretto" a Basilica romana minore.
     Nel secondo ordine - anch'esso scandito in tre parti - si colloca un balcone centrale affiancato da due finestre cieche. Nel piccolo ma ornatissimo frontone a lunetta che, poggiato su due semicolonne, sovrasta il balcone (pur esso cieco, ma con un ricchissimo ornamento di contorno) è raffigurato lo stemma francescano.
     Il balcone, a sua volta sorretto da due colonne poggianti su alti basamenti in graniglia, assume anche la funzione di protiro all'intero edificio. A ornamento del retro facciata e nello spazio del balcone e delle finestre, furono realizzate - in anni recenti - tre vetrate raffiguranti sant'Antonio di Padova (al centro), San Francesco d'Assisi (alla sua destra) e Santa Chiara (alla sua sinistra).
     Sul frontone triangolare che corona la facciata è rappresentato Sant'Antonio che porta tra le braccia il piccolo Gesù ed è circondato da una numerosa folla di devoti e supplicanti. alla sua base la scritta "DIVO ANTONIO DE PADUA DICATUM" e alla sua sommità una grande croce. Alle due estremità, quattro statue: forse immagini allegoriche raffiguranti le quattro virtù cardinali che temprano e forgiano i santi.


L'aula. L'interno a nave unica, ma con spazi laterali nati dalla divaricazione dei fianchi a cui si appoggiano tre cappelle per ogni lato, riprende i due ordini della facciata:

  • nel primo, le pareti sono scandite da semicolonne architravate che inquadrano archi su pennacchi e gli spazi sono ornati con angioletti che reggono festoni.
  • nel secondo è stato ricavato un matroneo le cui tribune guardano sull'interno attraverso otto leggere ed eleganti bifore, sormontate da oculi che immettono luce.
     Le decorazioni e le pitture del soffitto, con otto episodi della vita di sant'Antonio si devono al pennello di Attilio Andreoli (1877 - 1950).




     Il presbitero e l'abside. Lo sguardo è subito attratto dalla grande statua di sant'Antonio, posta la centro di quello che era un tempo l'altar maggiore. Quest'ultimo è opera dello scultore Battista De Giorgi, mentre la statua del santo - posto al centro di un tempietto semicircolare e ritratto mentre, poggiato su una nuvola e circondato da dodici angeli, reca tra le braccia il piccolo Gesù - proviene dalla bottega milanese di Giuseppe Nardini.
     Sui lati, due piccole logge poggianti ciascuna su tre possenti colonne (le uniche "intere", nel complesso del santuario) e ornate con trifore che fanno da legame tra i matronei della navata e il deambulatorio absidale. Alle loro estremità, otto statue di santi francescani. A destra: san Bonaventura da Bagnoregiosan Ludovico d'Angiòsan Bernardino da Siena e san Giacomo della Marca. A sinistra: san Pietro d'Alcantara, il beato Benvenuto da Recanatisan Giovanni da Capestrano e san Leonardo da Porto Maurizio. Sono opera dello scultore Angelo Colombo a cui si devono anche le altre ornamentazioni in cemento dell'area presbiteriale.
     I dipinti che ornano la volta e il catino dell'abside - rappresentanti la morte e la glorificazione del santo - sono anch'essi di Attilio Andreoli.
     Nel 1971, per adeguare lo spazio celebrativo alle norme liturgiche emanate a seguito del Concilio Ecumenico Vaticano II, si procedette ad una ristrutturazione del presbiterio e alla edificazione di un nuovo altare che fu poi "dedicato" il 6 dicembre dello stesso anno. Il compito fu affidato all'architetto Giovanni Muzio (1893 - 1982) e sotto la sua guida si procedette anche a un generale restauro del santuario: il raffinato e prezioso tabernacolo in marmo - un tempo al centro dell'altar maggiore - fu collocato al centro della parete sinistra e il pavimento del presbiterio fu arricchito da intarsi policromi in marmo, raffiguranti lo stemma dell'ordine francescano e altri simboli ecclesiali.
     Nell'abside: il coro ligneo dedicato alla preghiera dei religiosi, capace di 42 posti e, al centro, l'organo a tre tastiere e 43 registri (op 718 del 1955) opera della ditta Vincenzo Mascioni di Cuvio (VA).






      
Realizzate solo in un secondo tempo, a seguito dell'ingrandimento del santuario, sono parzialmente nascoste alla vista di chi entra.

Sul lato destro troviamo:
La cappella di San Giuseppe. sull'altare una tela dipinta nel 1934 da Umberto Brambilla (1880 - 1961). Raffigura il santo che porta sul braccio destro il piccolo Gesù, mentre regge nel sinistro il giglio, fiorito come segno della sua designazione a futuro sposo della Vergine Maria.



La cappella di San Francesco. La statua in marmo è dello scultore Michele Vedani (1874 - 1969). sull'altare quattro tavole dipinte raffiguranti episodi della vita del santo. Da sinistra, la rinuncia ai beni, l'approvazione della regola, una predica ai frati, la morte.
     Sulla parete frontale, un mosaico a fondo oro raffigura il serafino alato (immagine del Cristo Crocifisso) che sul monte della Verna impresse nel corpo di san Francesco le stimmate della passione del Signore. A lato del santo, sei angeli si fanno "banditori" di quelle virtù che egli tanto raccomandava ai suoi frati.
     Ai piedi dell'altare riposano i resti mortali di quattro francescani, vescovi in Somalia: monsignor Bernardino Bigi, monsignor Silvio Zocchetta e monsignor Salvatore Colombo. Nelle due nicchie alle pareti si conservano reliquie del beato Michele Carcano (Lomazzo 1427 - Lodi 1484), fondatore in molte città lombarde, di Monti di Pietà e Ospedali.



La cappella del Sacro Cuore. Il dipinto, opera anch'essa di Umberto Brambilla, raffigura - con i canoni dell'iconografia tradizionale - il Signore Gesù che mostra a noi la mano ferita e il cuore piagato.



Sul lato sinistro troviamo:
La Cappella del Crocifisso. E' dedicata alla memoria dei defunti. La scultura, in gesso brunito, è opera (1938) di Lodovico Pogliaghi (1857 - 1950), già autore nel 1906 della porta centrale del Duomo di Milano. Ai lati quattro delicati affreschi raffiguranti (da sinistra a destra e dall'alto in basso): la risurrezione di Lazzaro, Maria di Magdala al sepolcro di Gesù, la risurrezione della figlia di Giaro, la risurrezione del figlio della vedova di Nain.

La cappella di Santa Chiara. La statua in marmo (1941) è opera di Alfeo Bedeschi (1885 - 1971). Chiara è raffigurata mentre stringe al petto il libro della Regola, per la cui approvazione tanto aveva combattuto.
     Qui riposa il corpo del beato Sisto Brioschi (Milano 1404? - Mantova 1482), per quindici anni maestro di spirito del Beato Bernardino da Feltre.


UN BEATO TRA NOI 

Beato Sisto Brioschi

Nella nostra Basilica di Sant'Antonio, nell'altare di Santa Chiara, sul lato sinistro della chiesa, si conserva il corpo del Beato Sisto Brioschi, un francescano vissuto nel '400 e appartenente a quel grande movimento di rinnovamento dell'Ordine francescano conosciuto con il nome di Osservanza.
Il beato Sisto Brioschi nacque a Milano intorno al 1404. All'età di sedici anni, entusiasmato dalla predicazione infuocata di san Bernardino da Siena, che era giunto anche a Milano, per rinnovare i costumi e la vita cristiana, entrò tra i frati minori nel convento di Sant'Angelo, fondato proprio da san Bernardino. Tale convento non è da confondere con l'attuale sant'Angelo, ricostruito in zona più centrale a metà del '500; l'antico sant'Angelo che era un enorme convento con molti chiostri, si trovava tra l'attuale via Melchiorre Gioia e viale della Liberazione, non lontano dal nostro Santuario di sant'Antonio. Fin dal suo noviziato frate Sisto mostrò di dedicarsi con zelo ed entusiasmo alla vita da lui abbracciata, con un progressivo esercizio delle virtù cristiana.
Dopo l'ordinazione sacerdotale, di cui non si conosce la data, nel 1436 fu inviato al convento San Francesco in Mantova dove rimase per tutti i restanti 50 anni della sua vita. In quella città crebbe la sua fama di santità, anche per la notizia di suoi colloqui spirituali con Gesù e con sant'Andrea, che gli apparivano in visione. Questa fama di santità facevano accorrere molte persone a chiedere il suo consiglio e a confessarsi da lui: ebbe tra le sue penitenti anche la marchesa di Mantova.   
Ebbe tra i suoi discepoli un altro frate venerato come beato dall'Ordine francescano e dalla Chiesa, il beato Bernardino da Feltre, e lo sostenne nell'opera  meritoria della Fondazione dei Monti di Pietà in molte città. Anche a Mantova lo sostenne in questa impresa, nata nell'ambito dell'Osservanza francescana per porre un concreto rimedio all'usura. Quei grandi frati predicatori, che predicavano contro l'usura, si resero infatti conto ben presto che non bastava fare infuocati discorsi, ma che bisognava fare qualcosa di concreto per aiutare quei commercianti e quel mondo mercantile che stava crescendo nelle città e che finiva inesorabilmente vittima degli strozzini, quando c'era bisogno di denaro. I Monti di pietà svolgevano così una funzione che oggi chiameremmo di "microcredito" e che era essenziale per lo sviluppo economico delle città del Rinascimento. E' interessante trovare proprio i francescani dell'Osservanza all'origine di queste iniziative.
Il beato Sisto fu spesso incaricato del compito di Guardiano (cioè di responsabile) nel convento mantovano e guidò con accesa carità la famiglia religiosa affidata alle sue cure.
Così parla di lui un antico cronista: "Vecchio e destituito di forze questuava pane, vino e legna per i poveri frati, portando le bisacce sulle sue spalle. Lavava i piedi degli ospiti del convento, li serviva alla mensa, e per loro esercitava, da buon padre, tutti quegli offici che esigeva la carità fraterna. Con viscere di fraterno amore serviva agli infermi, non sdegnava di pulire con le proprie mani anche i vasi più immondi vincendo la naturale ripugnanza. "
Morì il 22 novembre 1486 nel convento di Mantova, in grande fama di santità. Il suo corpo fu trasferito nella Basilica di sant'Antonio a Milano fin dalle origini della sua costruzione e la venerazione pubblica del suo corpo fu confermata da San Pio X il 9 ottobre 1912: la nostra basilica è il luogo deputato a fare memoria liturgica, ogni anno, di questo beato.
La presenza di queste reliquie accanto a noi accresca anche il nostro desiderio di santità e ci aiuti a crescere nella capacità di essere testimoni geniali e creativi del Vangelo.



La cappella dell'Immacolata. La statua proviene dalla chiesetta edificata nel 1876 e già dedicata alla beata Vergine Immacolata. Maria è raffigurata mentre con il piede schiaccia il capo all'antico "avversario".
     Sulle pareti laterali, mosaici su disegno di Gianfranco Usellini (1937), raffiguranti:
a sinistraGiudittaEsterDeboraGiaele, donne che nell'antica alleanza prefigurarono la cura che Dio sempre si prende per il suo popolo,
- a destra: il beato Pio IX, il beato Giovanni Duns Scoto, san Bernardo e san Bonaventura, che furono appassionati cantori della grandezza di Maria.




   Prima di uscire dal santuario, sopra il portone centrale, leggiamo la lapide che ricorda la posa della prima pietra ("lapidem auspicalem") e la consacrazione della chiesa e dell'altar maggiore, entrambe ad opera del beato cardinale Carlo Andrea Ferrari.
     Vi si fa doverosa menzione di padre Ludovico Antomelli (allora Ministro Provinciale di Lombardia) che, "con grande impegno e fatica" pur in mezzo a non poche difficoltà, si spese per la costruzione di questo tempio "con la ricchezza della carità".





Tratto da 
Supplemento al bollettino periodico "Sant'Antonio" 
numero 1/2013
in distribuzione presso il Santuario.
      

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