sabato 8 marzo 2014

Santa Pasqua 2014 - Verso la Pasqua con San Francesco



VERSO LA PASQUA CON SAN FRANCESCO

Stiamo vivendo i giorni santi della Quaresima che ci conducono alla Pasqua, centro dell'anno liturgico e della fede cristiana. Può essere utile per noi osservare che anche al cuore dell'esperienza spirituale di san Francesco troviamo la Pasqua del Signore. Ciò non può stupirci: se è vero che la Pasqua è il centro della vita cristiana, non possiamo aspettarci di trovare qualcos'altro anche nell'esperienza più profonda e più intima di quei grandi amici di Dio che furono i santi.
In particolare, la vicinanza di Francesco al Signore crocifisso e risorto si manifesta con chiarezza negli ultimi anni della sua vita, quando egli era ormai molto malato e carico di preoccupazioni e problemi legati alla gestione della fraternità che era nata intorno a lui; in questo contesto di sofferenze del corpo e dello spirito, il Signore lo volle rendere partecipe in maniera più intima della propria passione e della propria resurrezione, con il dono misterioso delle stimmate, che Francesco ricevette sul monte della Verna, durante la visione misteriosa di  un serafino crocifisso. Così narra il primo biografo, Tommaso da Celano (1 Cel94; FF 484).


Gli  apparve un uomo, in forma di Serafino, con le ali, librato sopra di lui, con le mani distese ed i piedi uniti, conflitto ad una croce. Due ali si prolungavano sopra il capo, due si dispiegavano per volare e due coprivano tutto il corpo.
A quell'apparizione, il beato servo dell'Altissimo si sentì ripieno di una ammirazione infinita, ma non riusciva a capirne il significato. Era invaso anche da viva gioia e  sovrabbondante allegrezza per lo sguardo bellissimo e dolce col quale il Serafino lo guardava, di una bellezza inimmaginabile; ma era contemporaneamente atterrito nel vederlo confitto in croce nell'acerbo dolore della passione. Si alzò, per così dire, triste e lieto, poiché gaudio e amarezza si alternavano nel suo spirito. Cercava con ardore di scoprire il senso della visione, e per questo il suo spirito era tutto agitato.
Mentre era in questo stato di preoccupazione e di totale incertezza, ecco: nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto in quel misterioso uomo crocifisso.
Uno dei tratti singolari di questa esperienza mistica di Francesco è il fatto che egli non ebbe  la visione semplicemente del crocifisso, ma di un "serafino crocifisso", o di un "crocifisso in forma di serafino": si tratta di un elemento caratteristico, che ritorna in tutte le testimonianze degli antichi biografi, e che crediamo possa rimandare al fatto che la sofferenza della passione (rappresentata dal crocifisso) non può mai essere disgiunta dalla beatitudine della resurrezione (simboleggiata dalla figura gloriosa del serafino).
Siamo così ricondotti ad un tratto importante della nostra fede: se guardiamo alla Pasqua del Signore, non si può mai considerare soltanto la croce o soltanto la resurrezione, isolare il mistero della morte di Cristo da quello della vita che in lui trionfa: essi si trovano indissolubilmente congiunti, nella vicenda di Gesù come nella vita di ogni cristiano (e anche nell'esperienza di san Francesco). Il mistero pasquale è proprio questa indissolubile unione di morte e resurrezione, di umiliazione e di trionfo, di passione e di gloria: mai l'uno senza l'altro, mai solo uno o solo l'altro. Ricordiamocelo bene: non si può guardare solo alla croce o solo alla resurrezione!
Anche la nostra vita cristiana deve riscoprire la feconda (e spesso difficile!) unione dei due elementi, che sembrano essere così contrastanti: solo in tal modo il nostro soffrire acquista un senso nuovo di resurrezione, ed anche il nostro gioire non rimane nella superficialità di una banale allegria da buontemponi, ma penetra in profondità fino alla gioia profonda e alla pace che nasce dalla pasqua.
Alla Verna, Francesco fa questa esperienza pasquale: è ricondotto al centro della sua fede, cioè alla Pasqua di Gesù, e le stimmate mostrano nel suo corpo i segni di un passaggio che è ben più profondo e interiore, cioè di una pasqua che tocca il centro della sua vita e che è il cuore di ogni vera esperienza cristiana. Se vogliamo trovare una immagine che esprima visivamente questa unità di morte e resurrezione possiamo pensare al Crocifisso di san Damiano: il Cristo è rappresentato in croce, ma vivo, con gli occhi ben aperti e l'atteggiamento serenamente dominatore. In lui si uniscono e sovrappongono l'aspetto del crocifisso e del risorto, ed è bello pensare che anche alla Verna la visione del Serafino crocifisso abbia ricordato a Francesco quell'immagine a lui così cara del Crocifisso di san Damiano, che aveva avuto una così grande importanza nella storia della sua conversione.  Francesco scenderà dalla Verna trasformato, non solo nel corpo ma anche nel cuore, perché così avviene ogni volta che ci accostiamo seriamente alla Pasqua di Gesù. 
Questa esperienza così profondamente pasquale, di morte e resurrezione, Francesco l'ha vissuta nella sua carne e ce la insegna ancora oggi con semplicità: pochi mesi dopo aver ricevuto le stimmate egli compose il Cantico di frate sole, che è la più bella e radiosa espressione di questa spiritualità pasquale. Per capire che anche in quelle parole, splendenti di gioia e di pace, si nasconde il mistero della pasqua di morte e resurrezione, dobbiamo ricordare che egli scrisse il Cantico durante un periodo di particolare infermità fisica, tormentato da una malattia agli occhi che oltre a renderlo quasi cieco e a rendergli insopportabile la luce, gli procurava anche grandi dolori; dopo una notte di particolari sofferenze fisiche, accentuate da una inspiegabile invasione di topi che avevano infestato la celletta dove giaceva, Francesco si rivolse al Signore chiedendo il suo aiuto, e ne ricevette la certezza di possedere il suo Regno.
La gioia per tale assicurazione divina suscitò nel cuore di Francesco le parole del Cantico che ben conosciamo: "Altissimo, onnipotente, bon Signore, Tue son le laude, la gloria e l'onore et omne benedizione... Laudato sie, mi' Signore, cun tutte le Tue creature...".
Sono parole che portano immagini di luce e di gioia (il sole, il fuoco, le stelle) e fa impressione pensare che provengono dalle labbra di un uomo ormai quasi cieco, provato dalla malattia e dal dolore. Ancor più, bisogna notare che la lode gioiosa per le creature si unisce al ricordo di quelli che sostengono "infermitate e tribulazione" e addirittura alla lode "per sora nostra morte corporale". Ancora una volta, nel Cantico di frate sole, ritroviamo le due componenti, indissolubilmente unite: il dolore e la gioia, la croce e la resurrezione. Le parole del Cantico sono le parole di chi ormai ha fatto pasqua con Cristo, che con Lui è stato sulla croce (e le stimmate avevano posto Francesco sulla croce del Signore) ma che con Lui è entrato nella vita nuova della resurrezione. 
E' con gli occhi del risorto che Francesco può guardare il mondo e riconoscerlo bello; è alla luce della pasqua di resurrezione che egli può dire che anche il sole "de Te, Altissimo, porta significazione". Le creature che Francesco contempla sono già i "cieli nuovi e la terra nuova" inaugurati dalla resurrezione di Cristo, contemplati nella luce della gloria perché Francesco è già passato attraverso la passione e la croce. Solo alla luce della Pasqua si può lodare il Signore anche per la morte!
Anche noi, in questi giorni di Pasqua, siamo invitati a far pasqua con il Signore: ad assumere le nostre croci, la nostra passione e infermità, magari la nostra malattia, per viverle insieme con il Signore: ed anche a noi sarà dato allora di gustare la gioia dolcissima della resurrezione, e ci ritroveremo occhi nuovi capaci di vedere la bellezza delle creature, e giungeremo perfino, come Francesco, a cantare "Laudato sie, mi Signore, per sora nostra morte corporale". E quando canteremo così, avremo davvero fatto pasqua.


fr. Cesare Vaiani
Tratto da 
Sant'Antonio, Bollettino del Santuario di Sant'Antonio da Padova
Via Carlo Farini, 10 -  Milano
Tel. 02.65.51.145 
numero 1/2014 -  GENNAIO - MARZO
in distribuzione presso il Santuario.



QUARESIMA E PASQUA 2014
Basilica Santuario S. Antonio di Padova - Milano





domenica 2 marzo 2014

Milano,mercoledì 5 marzo, ore 21,00 - Sulla Via della Croce - Mostra fotografica

Sulla Via della Croce


MOSTRA FOTOGRAFICA

Un percorso che ci guida alla scoperta dei luoghi dove Gesù camminò nei tre giorni della sua Passione.

Una mostra didattica per vivere (o rivivere) il pellegrinaggio a Gerusalemme, nella città in cui il Signore abbraccia la propria croce, morendo e risorgendo per noi; uno strumento pastorale che ha lo scopo di avvicinare i visitatori, piccoli e grandi - attraverso le scritture, l’arte e la storia - alla conoscenza della Passione di Gesù

Le tappe in cui è suddivisa la mostra corrispondono ai luoghi storici - ancora visitabili a Gerusalemme - in cui si consumò, passo dopo passo, il triduo del Signore. Si parte dal Cenacolo, la sala in cui Gesù consumò con i suoi l’ultima cena, per passare al Getsemani, il giardino d’ulivi dove si affidò al Padre, al luogo della flagellazione e della condanna a morte. 
Una seconda serie di pannelli è dedicata alla via crucis, che milioni di pellegrini percorrono ogni anno, al Calvario e al Santo Sepolcro
Ciascuno di questi luoghi viene presentato a partire dalla lettura del Vangelo; l’approfondita descrizione artistica e storica aiuta a cogliere la ricchezza incommensurabile di duemila anni di devozione cristiana.

Mostre di Terra Santa - Sulla Via della Croce

L'inaugurazione della mostra si terrà nel Santuario di Sant'Antonio di Padova, Via Carlo Farini 10 alle ore 21,00.
M2 Garibaldi, Passante Ferroviario, FS Garibaldi, Bus 70, 37, Tram 4,7, 2

Mercoledì 5 marzo (Mercoledì delle Ceneri - inizio della Quaresima -  secondo il rito romano), Santa Messa alle ore 18,30 con imposizione delle ceneri.
Tutti i venerdì di Quaresima, a partire dal 7 marzo, Via Crucis in Santuario alle ore 13,15 e Via Crucis alle ore 17,45 prima della Santa Messa delle ore 18,30.

martedì 14 gennaio 2014

Beato Sisto Brioschi -Francescano - (Milano, 1404 - Mantova 1486)

UN BEATO TRA NOI 

Beato Sisto Brioschi

Nella nostra Basilica di Sant'Antonio, nell'altare di Santa Chiara, sul lato sinistro della chiesa, si conserva il corpo del Beato Sisto Brioschi, un francescano vissuto nel '400 e appartenente a quel grande movimento di rinnovamento dell'Ordine francescano conosciuto con il nome di Osservanza.
Il beato Sisto Brioschi nacque a Milano intorno al 1404. All'età di sedici anni, entusiasmato dalla predicazione infuocata di san Bernardino da Siena, che era giunto anche a Milano, per rinnovare i costumi e la vita cristiana, entrò tra i frati minori nel convento di Sant'Angelo, fondato proprio da san Bernardino. Tale convento non è da confondere con l'attuale sant'Angelo, ricostruito in zona più centrale a metà del '500; l'antico sant'Angelo che era un enorme convento con molti chiostri, si trovava nella zona tra l'attuale via Melchiorre Gioia e viale della Liberazione, non lontano dal nostro Santuario di sant'Antonio. Fin dal suo noviziato frate Sisto mostrò di dedicarsi con zelo ed entusiasmo alla vita da lui abbracciata, con un progressivo esercizio delle virtù cristiana.
Dopo l'ordinazione sacerdotale, di cui non si conosce la data, nel 1436 fu inviato al convento di San Francesco in Mantova dove rimase per tutti i restanti 50 anni della sua vita. In quella città crebbe la sua fama di santità, anche per la notizia di suoi colloqui spirituali con Gesù e con sant'Andrea, che gli apparivano in visione. Questa fama di santità faceva accorrere molte persone a chiedere il suo consiglio e a confessarsi da lui: ebbe tra le sue penitenti anche la marchesa di Mantova.   
Ebbe tra i suoi discepoli un altro frate venerato come beato dall'Ordine francescano e dalla Chiesa, il beato Bernardino da Feltre, e lo sostenne nell'opera  meritoria della Fondazione dei Monti di Pietà in molte città. Anche a Mantova lo sostenne in questa impresa, nata nell'ambito dell'Osservanza francescana per porre un concreto rimedio all'usura. Quei grandi frati predicatori, che predicavano contro l'usura, si resero infatti conto ben presto che non bastava fare infuocati discorsi, ma che bisognava fare qualcosa di concreto per aiutare quei commercianti e quel mondo mercantile che stava crescendo nelle città e che finiva inesorabilmente vittima degli strozzini, quando c'era bisogno di denaro. I Monti di pietà svolgevano così una funzione che oggi chiameremmo di "microcredito" e che era essenziale per lo sviluppo economico delle città del Rinascimento. E' interessante trovare proprio i francescani dell'Osservanza all'origine di queste iniziative.
Il beato Sisto fu spesso incaricato del compito di Guardiano (cioè di responsabile) nel convento mantovano e guidò con accesa carità la famiglia religiosa affidata alle sue cure.
Così parla di lui un antico cronista: "Vecchio e destituito di forze questuava pane, vino e legna per i poveri frati, portando le bisacce sulle sue spalle. Lavava i piedi degli ospiti del convento, li serviva alla mensa, e per loro esercitava, da buon padre, tutti quegli offici che esigeva la carità fraterna. Con viscere di fraterno amore serviva agli infermi, non sdegnava di pulire con le proprie mani anche i vasi più immondi vincendo la naturale ripugnanza. "
Morì il 22 novembre 1486 nel convento di Mantova, in grande fama di santità. Il suo corpo fu trasferito nella Basilica di sant'Antonio a Milano fin dalle origini della sua costruzione e la venerazione pubblica del suo corpo fu confermata da San Pio X il 9 ottobre 1912: la nostra basilica è il luogo deputato a fare memoria liturgica, ogni anno, di questo beato.
La presenza di queste reliquie accanto a noi accresca anche il nostro desiderio di santità e ci aiuti a crescere nella capacità di essere testimoni geniali e creativi del Vangelo.


Tratto da Sant'Antonio N. 4 OTTOBRE-DICEMBRE 2013
BOLLETTINO DEL SANTUARIO DI SANT'ANTONIO DA PADOVA
20154 MILANO - VIA FARINI 10




Tomba del Beato Sisto Brioschi


lunedì 30 dicembre 2013

3-6 gennaio 2014 - Carità francescana - Centro Sant'Antonio, Via Pietro Maroncelli 21 Milano


Raccolta 2014
3-6 gennaio

3 e 4 gennaio dalle 9,30 alle 11,00 e dalle 16,30 alle 19,oo
5 e 6 gennaio dalle 9,oo alle 13,00 e dalle 16,30 alle 19,30

Per fare un gesto utile ti suggeriamo gli alimenti più necessari:

  • pasta tipo fusilli
  • scatolette di tonno o di carne bovina
  • burro
  • salsa di pomodoro, pelati
  • legumi in scatola
  • Purè in polvere
  • Latte a lunga conservazione
  • Pollo
  • Wurstel di pollo
A nome di quanti usufruiranno della tua carità un grazie e l'augurio di un anno ricco di Pace e solidarietà.


Grazie!

Per informazioni: tel.: 0229005985-csa@fratiminori.it



Tratto dall'Avviso distribuito
 presso il Santuario di S. Antonio di Padova
Milano, Via Carlo Farini, 10 


Mezzi di trasporto: Stazione FS Milano Porta Garibaldi, Passante ferroviario Milano Porta Garibaldi, M2 Porta Garibaldi, ATM linee 2, 4, 7, 37, 70 fermata Farini/Ferrari.




LINK:


lunedì 9 dicembre 2013

FESTE NATALIZIE 2013 - Orari delle celebrazioni nel Santuario Basilica di S. Antonio di Padova , Via Carlo Farini, 10, Milano - FRANCESCO E IL PRESEPE DI GRECCIO

FRANCESCO E IL PRESEPE DI GRECCIO

Tutti conosciamo l'episodio del Natale di Greccio, quando Francesco volle celebrare in un modo nuovo la natività del Signore. Egli si rivolse ad un suo nobile amico, di nome Giovanni, signore della località di Greccio, e gli chiese di poter "vedere con gli occhi del corpo" la povertà e i disagi in cui era nato il Signore.


Fu dunque disposto il luogo per la celebrazione della veglia e della messa di mezzanotte, cui fu invitata la popolazione dei dintorni, che accorse festosa insieme ai frati, portando torce e fiaccole: si trovò una grotta, si dispose del fieno su una greppia che fungeva da altare, si collocarono accanto a quell'improvvisato altare l'asino e il bue, e si celebrò l'eucaristia, durante la quale Francesco stesso cantò il Vangelo e predicò su Gesù Re povero e su Betlemme città piccolina. Il racconto del biografo si conclude narrando anche la visione di un uomo presente, che vide Francesco risvegliare dal sonno un bambinello addormentato, prendendolo tra le braccia. 
Questo Natale che san Francesco volle celebrare a Greccio è spesso ricordato come l'invenzione del presepio. In verità, di un presepio piuttosto singolare si tratta: è infatti un presepio senza statue. Francesco fa preparare la grotta e la mangiatoia, fa condurre il bue e l'asino, e in quella "scenografia" viene celebrata l'eucaristia, sopra la mangiatoia.  E' l'eucaristia che sta al centro, e questo per una convinzione profonda di Francesco, sulla quale vale la pena di soffermarsi, perchè manifesta un aspetto importante del Natale, secondo l'intuizione del poverello.
Egli è infatti convinto che l'eucaristia ripete, in qualche modo, il mistero dell'Incarnazione, che contempliamo nel presepio di Betlemme; e su questo tema ritorna più di una volta nei suoi Scritti, che insistono su questo parallelismo tra incarnazione ed eucaristia.
Così Francesco si esprime nell'Ammonizione I (vv. 16-21: FF 144): "Ecco ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del padre sull'altare nelle mani del sacerdote". Secondo queste parole di Francesco, l'eucaristia riattualizza l'incarnazione nel grembo di Maria, con un chiaro parallelo tra i due eventi: "come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine".
Come l'incarnazione rende visibile il Dio invisibile, così avviene nell'Eucaristia, della quale più volte Francesco sottolinea che è il modo in cui è possibile "vedere corporalmente" qualcosa del Signore Dio (così nel Testamento 10: FF 113 o nella Lettera ai Chierici 3: FF207). La verità della carne di Cristo continua nel sacramento.; e la stessa fede che era richiesta ai contemporanei di Gesù per riconoscere in quella carne il Figlio di Dio, è richiesta oggi a noi per riconoscere nell'eucaristia il suo corpo e sangue. Quando parliamo di incarnazione, dunque, non è solo un fatto lontano: ci è accessibile anche oggi nell'eucaristia.
Accogliamo allora questo invito di Francesco a vivere il Natale di Gesù ogni volta che celebriamo l'eucaristia: per noi sarà un bel modo di condividere con san Francesco lo sguardo adorante e la gioia semplice che egli visse a Greccio.
Ma possiamo osservare anche altri aspetti che emergono dall'episodio di Greccio. Secondo Tommaso da Celano, il biografo che per primo ci narra quell'episodio, Francesco spiega così il suo intento al nobile amico Giovanni: "Se desideri che celebriamo a Greccio la presente festa del Signore, affrettati a precedermi e prepara diligentemente quanto ti dico. Voglio infatti far memoria del Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come fu posto sul fieno tra il bue e l'asino". Da queste parole, emerge che l'oggetto primo dell'interesse di Francesco è la povertà di Gesù e i disagi di quello straordinario neonato. La semplicità - povertà - umiltà che risplende nella scena di Greccio, prima ancora di essere quella di Francesco, è quella di Gesù. La povertà radicale, che affascina Francesco e che lo muove a mettere in piedi tutta questa "sceneggiata", è l'incarnazione del Figlio di Dio, che da grande e immenso si fa povero e piccolo.
Francesco ci invita così a lasciarci conquistare dalla povertà di Gesù: sarà questa la via per diventare anche noi un po' più poveri.
Le parole di Francesco manifestano anche la volontà di "far memoria" (il latino dice proprio "memoriam agere"), usando un'espressione che è tipica del mistero cristiano celebrato nella liturgia, quando obbediamo a Gesù che ci ha detto "fate questo in memoria di me". Si tratta di un compito essenziale della fede, che per certi versi è proprio un continuo far memoria del Signore Gesù. Il contrario della memoria è la dimenticanza, e sappiamo bene che il rischio dell'oblio è attualissimo, tipico del nostro tempo moderno: quella dimenticanza che si nasconde dietro la superficialità, l'esteriorità, l'incapacità di fermarsi che spesso contraddistingue la nostra vita travolta dagli impegni. Il proposito di Francesco, che voleva "far memoria" del signore nato a Betlemme, ci provoca e ci interroga: quanto la nostra fede è capace di far memoria del Signore nel tempo di oggi, con la stessa efficacia e creatività?
Merita attenzione anche il proposito, espresso da Francesco di "vedere con gli occhi del corpo" i misteri del Signore. Da questa esigenza nasce la volontà di rappresentare, con pieno coinvolgimento dei cinque sensi: la vista (le luci, le torce e le fiaccole di quella notte, l'ambientazione stessa della grotta, dell'asino e del bue), l'udito (i canti armoniosi dei frati e del popolo, il canto del Vangelo), il tatto (la visione del bimbo risvegliato e preso in braccio), addirittura il gusto (con Francesco che, secondo il biografo, si lecca le labbra ogni volta che pronuncia il nome di Gesù, quasi ad assaporarne la dolcezza). E possiamo pensare che anche l'olfatto avesse la sua parte, se non altro per la presenza degli animali accanto all'altare!  Coinvolgimento totale, di tutto l'uomo, di tutte le capacità sensoriali e recettive dell'uomo, un coinvolgimento che diventa annuncio ed evangelizzazione. Forse per noi è anche un invito a rivedere l'intellettualismo di tanti modi di annunciare il vangelo o anche di pregare. Siamo invitati da Francesco a non avere paura dei sensi, ma a sviluppare un sano rapporto con i nostri sensi, quelli corporei e quelli spirituali, scoprendo così che gli uni rimandano agli altri.
Il presepio di Greccio è anche un chiaro invito a lasciare più posto alla creatività e alla novità, senza aver paura di quel che non si è mai fatto: nessuno aveva mai celebrato il Natale in quel modo, eppure l'intuizione geniale di Francesco diventa generatrice, se non del presepio in assoluto, certo della capacità di dare corpo alla rappresentazione, come il genio cristiano ha saputo fare nel corso dei secoli, in tante forme artistiche. Dare spazio anche ai sentimenti, senza avvilirci in celebrazioni seriose, ma con la capacità di dar voce alla gioia e al canto, alla celebrazione festosa, alla bellezza, da godere con tutti i sensi.  E infine, forse soprattutto a noi francescani, ricorda anche che la povertà è bella: è anche esteticamente bella. A Greccio tutto parla di povertà, di semplicità, di mezzi molto poveri: eppure risplende sovrana la bellezza. Riusciremo anche noi a essere fedeli a questa "estetica della povertà" che Francesco ci insegna con eleganza e con semplicità, e che noi francescani siamo chiamati a testimoniare nel mondo di oggi, e anche nella chiesa di oggi, troppo spesso sovraccarica di inutili orpelli?


fr. Cesare Vaiani


Tratto da 
Sant'Antonio, Bollettino del Santuario di Sant'Antonio da Padova
Via Carlo Farini, 10 -  Milano
Tel. 02.65.51.145 
numero 4/2013 -  OTTOBRE -DICEMBRE
in distribuzione presso il Santuario.




CORO DI NATALE
Natale, Amore senza tempo

Coro dell'Università degli Studi di Milano Bicocca
Brani di G.P.da Palestrina, J. Pachelbel, G.F. Haendel, G. Fauré, G. Brahms, H. Berlioz, B. Britten, J. Rutter, 

Organo: Stefano Borsatto
Direttore: Alessandra Zinni

Domenica 15 dicembre ore 16,oo
Basilica di S. Antonio di Padova via Carlo Farini ,10 Milano

Ingresso libero






ORARI DELLE CELEBRAZIONI NELLE FESTE NATALIZIE 2013/2014

MARTEDI' 24 DICEMBRE
18,30 S. Messa prefestiva
23,15 Veglia di preghiera / 24,00 S. Messa della natività

MERCOLEDI' 25 DICEMBRE, NATALE DEL SIGNORE
SS. Messe ore 7,3o/9,00/10,30 / 12,00 / 18,oo
Lodi mattutine ore 8,30 / Vespri dopo la messa vespertina

DOMENICA 29 DICEMBRE, SANTA FAMIGLIA DI NAZARETH
SS. Messe ore 7,3o/9,00/10,30 / 12,00 / 18,oo
Lodi mattutine ore 8,30 / Vespri dopo la messa vespertina


MARTEDI' 31 DICEMBRE
18,30 S. Messa di fine anno e canto del Te Deum 

MERCOLEDI' 1 GENNAIO, MARIA MADRE DI DIO
GIORNATA DELLA PACE
SS. Messe ore 7,3o/9,00/10,30 / 12,00 / 18,oo
Lodi mattutine ore 8,30 
Dopo la messa vespertina, esposizione del Santissimo Sacramento, adorazione e celebrazione dei Vespri con canto del Veni Creator Spiritus.

DOMENICA 5 GENNAIO, II DOPO NATALE
SS. Messe ore 7,3o/9,00/10,30 / 12,00 / 18,oo
Lodi mattutine ore 8,30 / Vespri dopo la messa vespertina

LUNEDI' 6 GENNAIO, EPIFANIA DEL SIGNORE
SS. Messe ore 7,3o/9,00/10,30 / 12,00 / 18,oo
Lodi mattutine ore 8,30 / Vespri dopo la messa vespertina


Se vuoi fare un'offerta puoi utilizzare il CCP 23390206 - Convento sant'Antonio
via C. Farini, 10 - 20154 MILANO - tel.\ fax: 02-6551145





martedì 29 ottobre 2013

Milano, 16 novembre 2014 - Santa Elisabetta d'Ungheria, patrona dell'Ordine Francescano Secolare - Rose bianche di Santa Elisabetta nella Basilica Santuario di Sant'Antonio di Padova

Domenica 16 novembre 2014, nel Santuario di Sant'Antonio di Padova in  via Carlo Farini a Milano, si celebra la Festa di Santa Elisabetta d'Ungheria, patrona dell'Ordine Francescano Secolare - OFS - .

In questa giornata saranno distribuite nel Santuario le rose bianche benedette di Santa Elisabetta  ai fedeli.



L'ESEMPIO DI VITA EVANGELICA
DI SANTA ELISABETTA D'UNGHERIA
Magyarországi Szent Erzsébet 

Nata nel 1207 Elisabetta visse nella Corte ungherese solo i primi quattro anni della sua infanzia, assieme a una sorella  e tre fratelli. La sua fanciullezza felice fu bruscamente interrotta quando, dalla lontana Turingia, giunsero dei cavalieri per portarla nella nuova sede in Germania centrale. Secondo i costumi di quel tempo, infatti, suo padre aveva stabilito che Elisabetta diventasse principessa di Turingia. Il conte di quella regione era uno dei sovrani più ricchi ed influenti d'Europa all'inizio del XIII secolo, e il suo castello era centro di magnificenza e di cultura. Elisabetta partì dalla sua patria con una ricca dote e un grande seguito, comprese le sue ancelle personali, due delle quali le rimarranno amiche fedeli fino alla fine. Sono loro che ci hanno lasciato preziose informazioni sull'infanzia e sulla vita della Santa.


Dopo un lungo viaggio giunsero ad Eisenach, per salire poi alla fortezza di Wartburg, il massiccio castello sopra la città. Qui si celebrò il fidanzamento tra Ludovico ed Elisabetta. Negli anni successivi, mentre Ludovico imparava il mestiere di cavaliere, Elisabetta e le sue compagne studiavano tedesco, francese, latino, musica, letteratura e ricamo. Nonostante il fatto che il fidanzamento fosse stato deciso per motivi politici, tra i due giovani nacque un amore sincero, animato dalla fede e dal desiderio di compiere la volontà di Dio. All'età di diciotto anni, Ludovico, dopo la morte del padre, iniziò a regnare sulla Turingia. Elisabetta divenne però oggetto di sommesse critiche, perché il suo modo di comportarsi non corrispondeva alla vita di corte. Così anche la celebrazione del matrimonio non fu sfarzosa e le spese per il banchetto furono in parte devolute ai poveri. Nella sua profonda sensibilità Elisabetta vedeva le contraddizioni tra la fede professata e la pratica cristiana. Non sopportava i compromessi. Una volta, entrando in chiesa nella festa dell'Assunzione, si tolse la corona, la depose dinanzi alla croce e rimase prostrata al suolo con il viso coperto. Quando la suocera la rimproverò per quel gesto, ella rispose: "Come posso io, creatura miserabile, continuare ad indossare una corona di dignità terrena, quando vedo il mio Re Gesù Cristo coronato di spine?". Come si comportava dinanzi a Dio, allo stesso modo si comportava verso i sudditi. Tra i  Detti delle quattro ancelle troviamo questa testimonianza: "Non consumava cibi se prima non era sicura che provenissero dalle proprietà e dai legittimi beni del marito. Mentre si asteneva dai beni procurati illecitamente, si adoperava anche per dare risarcimento a coloro che avevano subito violenza". Un vero esempio per tutti coloro che ricoprono ruoli di guida: l'esercizio dell'autorità, ad ogni livello, dev'essere vissuto come servizio alla giustizia e alla carità, nella costante ricerca del bene comune. Elisabetta praticava assiduamente le opere di misericordia: dava da bere e da mangiare a chi bussava alla sua porta, procurava vestiti, pagava debiti, si prendeva cura degli infermi e seppelliva i morti. Scendendo dal suo castello, si recava spesso con le sue ancelle nelle case dei poveri, portando pane, carne, farina e altri alimenti. consegnava i cibi personalmente e controllava con attenzione gli abiti e i giacigli dei poveri. Questo comportamento fu riferito al marito, il quale non solo non ne fu dispiaciuto, ma rispose agli accusatori: "Fin quando non mi vende il castello, ne sono contento!". Il suo fu un matrimonio profondamente felice: Elisabetta aiutava il coniuge ad elevare le sue qualità umane a livello soprannaturale, ed egli, in cambio, proteggeva la moglie nella sua generosità verso i poveri e nelle sue pratiche religiose. Sempre più ammirato per la grande fede della sposa, Ludovico, riferendosi alla sua attenzione verso i poveri, le disse: "Cara Elisabetta, è Cristo che hai lavato, cibato e di cui ti sei presa cura". Una chiara testimonianza di come la fede e l'amore verso Dio e verso il prossimo rafforzino la vita familiare e rendano ancora più profonda l'unione matrimoniale. 
La giovane coppia trovò appoggio spirituale nei Frati Minori, che, dal 1222, si diffusero in Turingia. Tra di essi Elisabetta scelse frate Ruggero come direttore spirituale. Quando egli le raccontò la vicenda della conversione del giovane e ricco mercante Francesco d'Assisi Elisabetta si entusiasmò ulteriormente nel suo cammino di vita cristiana. Da quel momento, fu ancora più decisa nel seguire Cristo povero e crocifisso, presente nei poveri. anche quando nacque il primo figlio, seguito poi da altri due, la nostra Santa non tralasciò mai le sue opere di carità. Aiutò inoltre i Frati Minori a costruire un convento, di cui frate Ruggero divenne il superiore.
Una dura prova fu l'addio al marito, a fine giugno del 1227 quando Ludovico IV si associò alla crociata dell'imperatore Federico II, ricordando alla sposa che quella era una tradizione per i sovrani di Turingia. Elisabetta rispose: "Non ti tratterrò. Ho dato tutta me stessa a Dio ed ora devo dare anche te". La febbre, però, decimò le truppe e Ludovico stesso cadde malato e morì ad Otranto, prima di imbarcarsi, nel settembre 1227, all'età di ventisette anni. Elisabetta, appresa la notizia, ne fu così addolorata che si ritirò in solitudine, ma poi, fortificata dalla preghiera e consolata dalla speranza di rivederlo in Cielo, ricominciò ad interessarsi degli affari del regno. La attendeva, tuttavia, un'altra prova: suo cognato usurpò il governo della Turingia, dichiarandosi vero erede di Ludovico ed accusando Elisabetta di essere una pia donna incompetente nel governare. La giovane vedova, con i tre figli, fu cacciata dal castello e si mise alla ricerca di un luogo dove rifugiarsi. Solo due delle sue ancelle le rimasero vicino, la accompagnarono e affidarono i tre bambini alle cure degli amici di Ludovico.  Peregrinando per i villaggi, Elisabetta lavorava dove veniva accolta, assisteva i malati, filava e cuciva. Durante questo calvario sopportato con grande fede, con pazienza e dedizione a Dio, alcuni parenti, che le erano rimasti fedeli e consideravano illegittimo il governo del cognato, riabilitarono il suo nome. Così Elisabetta, all'inizio del 1228, poté ricevere un reddito appropriato per ritirarsi nel castello di famiglia a Marburgo, dove abitava anche il suo direttore spirituale Fra' Corrado. Fu lui a riferire al Papa Gregorio IX il seguente fatto: " Il venerdì santo del 1228, poste le mani sull'altare nella cappella della sua città Eisenach, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di alcuni frati e familiari, Elisabetta rinunziò alla propria volontà e a tutte le vanità del mondo. Ella voleva rinunziare anche a tutti i possedimenti, ma io la dissuasi per amore dei poveri. Poco dopo costruì un ospedale, raccolse malati e invalidi e servì alla propria mensa i più miserabili e i più derelitti. Avendola io rimproverata su queste cose, Elisabetta rispose che dai poveri riceveva una speciale grazia ed umiltà". Possiamo scorgere in questa affermazione una certa esperienza mistica simile a quella vissuta da san Francesco: il Poverello di Assisi dichiarò infatti nel suo testamento che, servendo i lebbrosi, quello che prima gli era amaro fu tramutato in dolcezza dell' anima e del corpo. Elisabetta trascorse gli ultimi tre anni nell'ospedale da lei fondato, servendo i malati, vegliando con i moribondi. Cercava sempre di svolgere i servizi più umili e i lavori più ripugnanti. Ella divenne quella che potremmo chiamare una donna consacrata in mezzo al mondo e formò, con altre sue amiche, vestite in abiti grigi, una comunità religiosa. Non a caso è patrona del Terzo Ordine Regolare di san Francesco e dell'Ordine Francescano Secolare. Nel novembre del 1231 fu colpita da forti febbri. Quando la notizia della sua malattia si propagò, moltissima gente accorse a vederla. Dopo una decina di giorni, chiese che le porte fossero chiuse, per rimanere da sola con Dio. Nella notte del 17 novembre si addormentò dolcemente nel Signore.Le testimonianze sulla sua santità furono tante e tali che, solo quattro anni più tardi, il papa Gregorio IX la proclamò Santa e, nello stesso anno, fu consacrata la bella chiesa costruita in suo onore a Marburgo. Nella figura di santa Elisabetta vediamo come la fede, l'amicizia con Cristo creino il senso della giustizia, dell'uguaglianza di tutti, dei diritti degli altri e creino l'amore, la carità. E da questa carità nasce anche la speranza, la certezza che siamo amati da Cristo e che l'amore di Cristo ci aspetta e così ci rende capaci di imitare Cristo e di vedere Cristo negli altri. Santa Elisabetta ci invita a riscoprire Cristo, ad amarLo, ad avere la fede e così trovare la vera giustizia e l'amore, come pure la gioia che un giorno saremo immersi nell'amore divino, nella gioia dell'eternità con Dio.

f.l.c.
Tratto da Sant'Antonio N. 3-4 LUGLIO-DICEMBRE 2011
BOLLETTINO DEL SANTUARIO DI SANT'ANTONIO DA PADOVA
20154 MILANO - VIA FARINI 10





17 novembre - Lodi Mattutine - Inno

O Santa Elisabetta,
accogli il nostro canto:
dal gaudio del Signore
ascolta chi ti prega.

In terra hai conosciuto
la pena dell'esilio:
guida alla patria eterna
chi è ancora pellegrino

Per Cristo hai rinunciato
alla gloria terrena:
donaci di stimare
soltanto i beni eterni.

Tu hai vinto le insidie
dell'eterno nemico:
imploraci da Dio 
l'aiuto che ci salva.

Onore sia al Padre,
lode al divin Figlio,
grazia al Santo Spirito,
nei secoli eterni. Amen.




Bibliografia:


domenica 6 ottobre 2013

Milano, giovedì 20 febbraio 2014 ore 21,00 - Per conoscere Francesco d'Assisi - Incontro presso Centro Qiqajon, Via Carlo Farini, 17

Ogni terzo giovedì del mese alle ore 21,00, a partire da giovedì 17 ottobre 2013,  si terrà un incontro di formazione francescana, aperto a tutti, presso il Centro Qiqajon di via Carlo Farini, 17 di fronte al Santuario Basilica di Sant'Antonio di Padova di Milano (occorre attraversare la strada sulla quale si trova la chiesa).

Argomento degli incontri


Per conoscere  Francesco d'Assisi

Gli incontri saranno guidati da fr.   Cesare Vaiani, dell'Ordine dei Frati Minori del Convento Sant'Antonio di Padova Milano.

Mezzi di trasporto: Stazione FS Milano Porta Garibaldi, Passante ferroviario Milano Porta Garibaldi, M2 Porta Garibaldi, ATM linee 2, 4, 7, 37, 70 fermata Farini/Ferrari.






SAN FRANCESCO, UN SANTO

Durante l'anno noi cristiani celebriamo la memoria di numerosi santi, che segnano con le loro feste il calendario liturgico; le feste dei santi si inseriscono come aiuole colorate di fiori lungo la strada maestra del ciclo settimanale, centrato sulla domenica, festa primordiale della liturgia cristiana, e dei tempi liturgici, che dall'Avvento al Natale, dalla Quaresima al tempo pasquale, celebrano il mistero di Cristo Signore. 
Anche la festa di San Francesco è una di queste presenze di santi nella liturgia della chiesa, e come ogni santo anche Francesco ci rimanda al mistero di Dio, glorioso nei suoi testimoni. Il culto cristiano dei santi e della Vergine Maria, infatti, non è centrato sul santo stesso, ma sull'opera di Dio che nei santi si rivela in maniera eminente. I primi ad esserne consapevoli sono i santi stessi: essi hanno sempre scoraggiato il fanatismo di chi guarda solo alla santità dell'uomo, dimenticando che l'agire umano rimanda sempre al mistero di Dio. Francesco stesso, così profondamente convinto che il bene che noi operiamo è solo del Signore, "perchè suo è ogni bene ed Egli solo è buono", ci insegna a riconoscere in ogni bontà e in ogni santità umana un rimando alla fonte del bene, che è Dio solo.
Questa visione dei santi intesi come manifestazioni del mistero di Dio ci mostra molteplici e diversi aspetti del suo mistero. Infatti, se è certamente vero che Dio è uno solo, pure i modi di rivelarlo, realizzati dalle vite dei santi, brillano per la loro inesauribile varietà. Altro è il modo di manifestare Dio realizzato da san Francesco e altro è il modo di sant'Antonio, altro è il modo di Chiara d'Assisi e altro il modo della sua amica santa Agnese di Boemia. Sono certamente tutti santi, talvolta sono perfino vicini nel tempo e nell'ispirazione spirituale, ma ognuno di essi ha caratteristiche proprie, che fanno risplendere un aspetto diverso del ricco mistero di Dio. Questa varietà di accenti spiega anche perchè ha senso celebrare numerosi santi: se fossero tutti uguali nella loro santità, basterebbe celebrare un'unica festa! Invece la Chiesa, nella sua materna saggezza, ci fa guardare ora all'uno, ora all'altro, sottolineando diversi aspetti esemplari, utili a guidare ciascuno di noi nel cammino verso Dio.
Quello che la vita di Francesco testimonia in maniera speciale è l'azione dello Spirito del Signore. Francesco stesso dice nella Regola che ha scritto per i suoi frati, che ciò che dobbiamo desiderare sopra ogni cosa è di "avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione". Se dice che lo dobbiamo desiderare "sopra ogni cosa", vuol dire che lo ritiene davvero importante!
E' lo Spirito di Dio, infatti,  che suscita nel cuore dell'uomo la fede e l'amore; non siano noi che, da noi stessi, possiamo darci la fede o la carità. Solo aprendoci alla Sua azione sentiamo crescere nel nostro cuore la capacità di dire  "Credo" e la forza per dire "Amo".
L'azione dello stesso Spirito del Signore ci rende una cosa sola con il Figlio di Dio, Gesù, e dunque ci fa entrare in relazione filiale con Dio, Padre di Gesù e padre nostro; la conseguenza di questa azione dello Spirito  è che, rendendoci figli nel Figlio, egli ci fa fratelli fra noi, fratelli minori alla stessa maniera in cui Gesù si è fatto nostro fratello e nostro servo. Nasce così la fraternità, quel rapporto da fratelli che vediamo realizzato così bene in "frate Francesco": possiamo notare che Francesco scelse per sè e per i suoi frati il nome di "frati minori",  che sottolinea un modo di essere fratelli.
Francesco ci insegna anche che lo Spirito del Signore, facendoci riconoscere che ogni bene è di Dio, ci guida all'espropriazione e ci fa abbracciare la povertà del cuore. La povertà consiste prima di tutto in una dimensione del cuore, che non si appropria di nulla, nè delle cose nè delle persone, e che riconosce nei beni di questo mondo i doni di Dio, che vanno a Lui restituiti con riconoscenza e con gioia.
E' lo Spirito che rende "spirituale" il nostro ascolto del Vangelo, nel quale ci parla il Signore Gesù; se non ci apriamo all'azione vivificante dello Spirito leggiamo il Vangelo come un libro morto, mentre la forza dello Spirito ci permette di cogliere oggi la voce viva di Gesù. Francesco lo aveva capito bene, lui che molte volte usa l'espressione "come dice il Signore nel Vangelo" e non "come disse il Signore": usa il verbo al presente, perchè lo Spirito rende attuale quella parola di Gesù. 
Infine, Francesco, che ci invita ad "avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione", ci ricorda che l'effetto della presenza dello Spirito è proprio la sua "santa operazione", cioè un agire geniale e intraprendente, per realizzare quello che il Signore ci suggerisce.  Non c'è nulla di più pratico di un uomo spirituale: la spiritualità cristiana non è qualcosa di astratto e disincarnato, ma qualcosa che ha a che fare con la vita e con la pratica o, come dice Francesco,  con la "santa operazione".
Celebrando la festa di San Francesco, dunque, guardiamo alle caratteristiche specifiche della sua santità, e ne raccogliamo l'ammaestramento spirituale, che egli ha espresso anzitutto con la vita, ma anche con la sua dottrina, attraverso gli insegnamenti raccolti e tramandati dai suoi scritti e dalle sue biografie. 
Va tuttavia aggiunto che secondo la prospettiva cattolica i santi non sono solo modelli e maestri di vita cristiana; essi sono anche intercessori, che possono darci una mano presso Dio ed aiutare il nostro cammino umano. E' vero che, tante volte, per i bisogni concreti della nostra vita ci rivolgiamo più a sant'Antonio, grande intercessore di miracoli presso Dio; ma se vogliamo chiedere qualcosa che aiuti il nostro progresso spirituale, forse sarà bene ricorrere a san Francesco, dal quale possiamo imparare soprattutto ad "avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione". 


Tratto da Sant'Antonio N. 3 LUGLIO-SETTEMBRE 2013
BOLLETTINO DEL SANTUARIO DI SANT'ANTONIO DA PADOVA
20154 MILANO - VIA FARINI 10
in distribuzione presso il Santuario  

Milano, Via Carlo Farini, 10 
Santuario di Sant'Antonio di Padova
Convento dei Frati Minori
Ex Chiesetta dell'Immacolata